24° SIMPOSIO INTERNAZIONALE DI SCULTURA SU PIETRA FVG

PARCO SCULTURE VERGNACCO – REANA DEL ROJALE (UD) – ITALIA

 

 

La pietra come protagonista

Il blocco di pietra e l’artista. La pietra, materiale proveniente dal territorio. Come la Pietra Piasentina, i marmi dal nome evocativo ‘Fiore di Pesco Carnico’, ‘Grigio Carnico di Timau’, ‘Rosso Radica di Verzegnis’. Oppure la roccia erede di una storia secolare, come la pietra della Cava Romana di Aurisina.

La pietra è il vero trait d’union della rassegna, accolta dal confortevole spazio del Parco Sculture di Vergnacco. Pietra che attende solo si essere trasformata da un gruppo di artisti in opera, sintesi di forma e concetto, ed essere valorizzata lasciando evidenziare le superfici, le morbide tonalità di colore, le splendide venature.
Otto artisti che hanno avuto quindi il delicato compito, perfettamente svolto, di elevare la semplice materia a condensato di bellezza e pensiero. Con un interessante ventaglio di intriganti soggetti, con temi universali, risolti con personalità.
L’uomo da sempre cerca di trasformare la materia realizzando l’idea, la propria visione del mondo, della bellezza. Il demiurgo che instancabile plasma il legno, la pietra, il marmo, il metallo assecondandolo fino a costringerlo alla forma voluta. A volte il risultato è trascurabile, altre eccelso, raramente divino. Pensiamo ad esempio a Fidia, a Michelangelo, Bernini o Canova.
Quello che vediamo nei musei è il risultato, che è quello che ci appaga e ci meraviglia. Ma quanto sarebbe bello vedere all’opera l’artista mentre realizza il suo progetto? Perché ha deciso una postura, un gesto, un dettaglio piuttosto che altro? Lo scultore seguiva un progetto disegnato o aveva tutto in mente? Cosa è cambiato in corso d’opera? A volte ne rimane la documentazione, ma altre tutto rimane racchiuso nel mistero del lavoro eseguito negli atelier.
Il Simposio di Vergnacco ci consente di ammirare dal vivo il processo creativo dell’artista. Il modellino prodotto dall’idea, il blocco di pietra, gli strumenti di lavoro, l’esecuzione. Ma non solo: la polvere, il sudore, le imprecazioni, l’entusiasmo dello scultore, la fascinazione del gesto.

Le fotografie del CFF, contenute in questo volume, riassumono le performances di ogni singolo artista isolando pochi ma significativi frames, evidenziando il momento progettuale, l’organizzazione del lavoro, il temperamento dei protagonisti, l’uso sapiente degli strumenti, l’eccellente risultato finale.
Il fotografo, qui oltre a essere mero testimone, ha la possibilità di partecipare attivamente all’insieme pietra-opera-autore-contesto, divenire un vero artifex additus artifici, cioè artista aggiunto a artista. L’esperienza ponderosa, nel campo della ripresa fotografica di decine di artisti, di Ugo Mulas, interprete visivo, e insieme concettuale, dell’arte italiana e internazionale della seconda metà del XX secolo, conforta questo concetto.
Le immagini sono il riassunto di questo modus operandi, il cui scopo ultimo è di restituire l’esaltazione della pietra, vera protagonista di tale sinergia. Non si tratta di fissare con gli scatti un attimo decisivo ma piuttosto un intento di restituire il flussodi momenti che realizzano l’opera.
L’utilizzo del bianco e nero permette infine di restituire particolari  connotazioni emotive, evidenziate dall’espressività dei ritratti, dall’eleganza delle forme e lucentezza delle superfici, dal mirabile controllo della potenza della flex, dall’esaltazione dei giochi di luce creati dal pulviscolo, dal raggio di sole che non casualmente viene a cadere sul manufatto.
Così a vincere è il rapporto tra l’uomo e la pietra, tra il caduco e l’eterno; a rimanere è il sublime gesto della mano, del martello e dello scalpello, che scalfisce, lì, sospeso nel tempo.

Luca Meroi
Dicembre 2021

 

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