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Salento - Di vento, di chiese, di muri e di ombre.

“Non bisogna esserci nato in questi luoghi. Non bisogna sentire il mito nell’ aria che respiri. Non bisogna avere i destini impastati con la storia. Non bisogna avere rimpianti, né memoria, né passioni vecchie e nuove.
Non bisogna conoscere strade e direzioni, né sapersi muovere tra i vichi ad occhi chiusi, né avere occhi abituati al vorticare della luce, né un pensiero capace di confrontarsi con le ombre, con le visioni che partorisce la controra.
Non bisogna aver appreso a sentirsi parte d’infinito guardando il mare dallo strapiombo di una torre, né pensare a se stesso come a una delle innumerevoli voci di un racconto, di uno di quei racconti che frastornano la luna.
Bisogna essere passante forestiero per capire questi luoghi, per riuscire a riconoscere la mistura di falso e di vero, a discernere la realtà dall’invenzione, la concretezza dall’apparenza, per sprofondarci dentro e scandagliare il senso che si nasconde sotto una pietra, nel vuoto superbo di un rosone, nelle leggende custodite dalle grotte, in un linguaggio che strascica le parole a cantilena.
Non bisogna aver udito i canti dei carrettieri, né rosari bisbigliati nella penombra delle chiese, non bisogna aver visto le anatre stramazzare sulle scogliere, né cavalli e uomini schiumare dentro i solchi, né tarantate che cercano un sollievo all’ossessione nello specchio d’acqua di un pozzo di scorpioni.
Non bisogna tutto questo, molto altro che questo, per capire Finibusterrae.
Forse solo chi viene da lontano può capire.”

Antonio Errico – Viaggio a Finibusterrae, Salento fra passioni e confini.
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