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Immagine
Udine Low-Fi

“Dicono che l'abitudine distragga l'occhio: vivi in un luogo e finisci per non vederlo più. Può darsi, ma non vale per me: mi salvano l'emozione, perchè di emozionarmi sono ancora capace, e la curiosità"
Fulvio Roiter

Udine Low-Fi è un’esperienza di riappropriazione personale degli spazi cittadini, con uno sguardo onirico e metafisico. Soprattutto è una riscoperta della capacità del vedere, capacità oggi perduta e trascurata.
E’ una riappropriazione di tipo fisico, fatta di fatica nelle gambe, spesa fra strade e piazze, cortili e marciapiedi, per raggiungere ogni angolo del territorio, fino alla fine del mondo urbano. La fine del luogo come fine dell'esperienza del luogo. E un lavoro mentale, che presuppone un nuovo guardare e un nuovo abitare, dal centro storico alla periferia, che come l'immaginazione, ha propri percorsi, verità e bellezze interstiziali.
Il riscoprire che il luogo vissuto da adolescente si trasformato e trasfigurato è un dato di fatto. A volte attraverso l’oblio, molto più spesso per mezzo di complicità, ignoranza e speculazioni fini a se stesse. Il materiale da costruzione ha invaso spazi che avevano altre competenze, senza una logica di ottimizzazione dell’uso comune.
Udine possiede comunque una bellezza intrinseca, che si può scoprire solo investigando nelle sue pieghe più recondite.
Per farlo ho scelto il silenzio del luogo. Lo spazio momentaneamente disabitato, capace di restituirti quelle sottili vibrazioni dell’atmosfera date dall’alternanza dei vuoti e dei pieni, della luce e delle ombre. Esperienze che il paesaggio urbano riesce a darti solamente senza intermediari.
Il silenzio è strettamente legato al concetto di vuoto e di assenza, fondamentale per capire l’essenza del luogo; solamente nel vuoto e nel silenzio si può arrivare a sentire e a vedere ciò che normalmente non si vede e non si sente.
La traccia dell'umano è nel mirino del fotografo. E bastano le tracce che la gente lascia quando se ne va; persino le tracce che si lasciano quando si cancellano le proprie tracce.
E’ un percorso interiore che produce quindi delle immagini non descrittive ma interpretative e che vuole essere un modo di cogliere l’inaccessibile essenza della città, un modo in grado, a volte, di rappresentare l’irrapresentabile.

"La città mi investe e mi abita."
Gabriele Basilico

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