CITTA’ DI UDINE

Artigianato voce dell’uomo

Sì, E voce sincera. Priva di dissonanze. Priva di malizie. Priva di furbizie. Voce che si perde nella notte dei tempi. Che ha percorso ormai molto cammino. Voce stanca e forse anche un po’ svilita.
Non è un mistero. L’artigianato se ne sta andando. In punta di piedi e senza stridori.
Ha capito che non c’è più posto per lui in un mondo go­vernato soltanto da macchine e da tecnocrati privi di qualsiasi sensibilità. In un mondo in cui la parola Ideale corre il rischio di essere gettata per sempre nella spaz­zatura. In un mondo in cui non si lavora se non per un guadagno immediato. In cui ci si squarta per il potere. In cui una pinta di petrolio conta più della vita.
Come perdere tempo in trastulli inutili ed incomprensibili?
Perchè dedicarsi alla natura quando anche per essa il tempo è contato?
Eppure un giorno andare a bottega era motivo addirittura d’orgoglio. Si entrava in una nuova famiglia e si diventava parte integrante di essa.
Un tempo era bello donare il frutto del proprio lavoro. C’era impegno in esso. C’era tutto lo spirito dell’uomo. Le sue apprensioni. I suoi silenzi. Il chiasso della sua felicità.
Un tempo. Quando l’uomo desiderava far udire la sua voce. Quando per le strade ancora si cantava. Quando il sole era più caldo e la neve più bianca. Quando il cielo era limpido e la terra forniva soltanto il pane. E la rugiada ingentiliva i boschi. E le sorgenti erano limpide.
Sì. E l’uomo costruiva con le sue mani ciò che serviva. Plasmava. Attaccava. Sbriciolava. Divideva. Inseriva. Crea­va. Sì. Era l’artigianato. E ciò era buono.
Artigianato che spesso toccava forma d’arte. E comuni­cava uno stimolo. Uno slancio.
Artigianato voce dell’uomo.

 

Gianni Passalenti
Marzo 1975

 

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