IPSI IN NOBIS UNUM SINT

XLIII edizione della rappresentazione
vivente in costume della passione e morte
di Gesù Cristo

Di ombra e di luce. Questo è il filo conduttore della straordinaria testimonianza che qui si tramanda all’attenzione e alla memoria dei posteri, dalla scena vivente in cui nasce e ogni anno si celebra fino alla sua registrazione fotografica, che ora abbiamo finalmente per le mani in un’edizione preziosa per veste e contenuti.
L’essenza stessa della fotografia si fonda su queste due dimensioni dell’essere, capace di intessere le sue architetture di luce sugli scenari di ombra. Come se si abbracciassero in una rapsodia che qui si fa canto, grido, preghiera, meraviglia.
Arte. Luce e ombra sono anche la metafora potente della vita dell’uomo. Di ogni uomo.
E di quell’Uomo in particolare, Yehoshua ben Yosef, il figlio del falegname, pericolosissimo rivoluzionario che parlava d’Amore come di una forza capace di dare un senso ad ogni cosa. Quell’“Ecce Homo” gridato, esposto, nudato, umiliato, offeso, denigrato e per questo sintesi perfetta e dolorosa di un’intera Umanità minore, quella esclusa, ieri quanto oggi, dalla Storia dei “ricchi epuloni” dopo esserne diventata la vittima
sacrificale. Condannata a portare nella sua carne tutti i dolori del Mondo: quelli degli esiliati, degli offesi, dei carcerati, degli affamati, dei vinti.
E della loro drammatica rappresentazione nel “ludus” antico eppure modernissimo della Passione, che secondo la narrazione evangelica si fa paradigma, spaventoso e al contempo sublime, del nostro umano andare, tra cadute, chiodi e resurrezioni.
Mi piace pensare, lasciando che gli occhi cadano dentro ai quadri viventi intrappolati dagli abili scatti d’artista, che con il termine “passione” la nostra lingua intende indicare sia il dolore, il patire, la sofferenza che innerva le fibre della carne, ma anche quel fuoco che accende i nostri sogni, che dà vita ai nostri desideri.
Ognuna di queste fotografie, che imprigionano impressioni ed espressioni, si fa così emblematica icona.
E noi tutti, che guardiamo, sfogliamo, pensiamo, porgiamo come la Veronica (vera icona, secondo l’etimologia del
nome) il nostro pezzetto di velo. Perché ne resti veridica testimonianza.

 

Angelo Floramo
Luglio 2022

 

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