“Credo davvero che ci siano cose
che nessuno riesce a vedere
prima che vengano fotografate”.

Diane Arbus

Concorso PROMOSSO dal Circolo Fotografico Friulano

rivolto agli studenti delle scuole secondarie

di secondo grado del Comune di Udine

Partecipazione:
dal 15 maggio al 15 ottobre 2024

“Credo davvero che ci siano cose
che nessuno riesce a vedere
prima che vengano fotografate”.

Diane Arbus

Concorso promosso dal
Circolo Fotografico Friulano
rivolto agli studenti
delle scuole secondarie
di secondo grado
del Comune di Udine

Partecipazione:
dal 15 maggio al 15 ottobre 2024

Sotto la fotografia

 

Fin dall’antichità i più grandi pensatori hanno cercato di dare una risposta ad alcune domande fondanti, considerate di natura esistenziale, oggetto di riflessione da parte di molti: Chi siamo? Da dove veniamo? Quale il nostro destino? Cosa c’è dopo la morte?
Sembrerà forse strano a qualcuno, ma tra queste domande si potrà inserire anche un’ulteriore questione, così esplicitata: “Perché fotografiamo?”
Domanda che forse molti si sono posti sin dagli esordi dell’invenzione della fotografia.
Quando si fotografa o si osserva una fotografia si entra in un’altra dimensione e un’altra dimensione entra in noi così come quando leggiamo un libro, osserviamo un’opera d’arte, ascoltiamo della musica o assistiamo ad una rappresentazione teatrale o cinematografica … il cinema sì … la settima arte, figlio di successo della fotografia a cui forse non è ancora stato riconosciuto lo stesso status.
Fotografare è un’azione importante, indispensabile per qualcuno, perché è l’espressione di un accadimento umano, necessita di un rigore che non deve essere solo formale, ma anche morale ed estetico; è l’ambizione di consegnare al nostro piccolo mondo o all’universo intero l’incanto di un’immagine riuscita, non ordinaria, che rifletta il nostro stato d’animo, la nostra personalità, che porti con sé importanti contenuti, carichi di rivelazione. Quando fotografiamo cerchiamo di mettere ordine nei nostri sentimenti e nei pensieri che animano il nostro agire, cerchiamo di esprimere ciò che non siamo in grado di fare con i gesti o con le parole; forse tentiamo di consegnare allo spettatore un’immagine che rifletta la nostra essenza.
Questa prima analisi non soddisfa però la necessità di comprensione in maniera esauriente.
Con la parola “fotografia” indichiamo infatti molte cose diverse, non soltanto quanto appena enunciato. Non si dimentichi, ad esempio, che per un secolo e mezzo la fotografia è stata concettualmente confinata ai suoi usi pratici, funzionali; uno strumento al servizio delle scienze: riprodurre paesaggi ed edifici, fornire ritratti identitari, registrare esiti di esperimenti scientifici, conservare umili e a volte insignificanti ricordi familiari. Essa però è anche stata ed è tuttora espressione artistica, nonostante il fatto che generalmente le fotografie non siano direttamente frutto della nostra immaginazione e del nostro operato, come usualmente lo sono un dipinto o un’illustrazione, ma sono sempre e comunque il prodotto diretto di una macchina e hanno come referente, per necessità, il mondo fisico.
Solo più tardi, nel momento in cui è stato impossibile evitare di considerarla un fatto culturalmente rilevante, la fotografia ha iniziato a dare di se stessa e del mondo un’idea quasi sovversiva. Ciò è accaduto tra gli anni Venti e gli anni Ottanta del secolo scorso quando la fotografia, per una serie di motivi sia tecnici sia in certo modo “rivoluzionari”, si è saputa diffondere in maniera decisiva, soprattutto grazie alla diffusione del genere fotografico che ha caratterizzato quel periodo ovvero il reportage.
Ma cos’è dunque questa “famigerata” fotografia? Questo “scrivere con la luce”?
Difficile trovare una definizione esaustiva anche perché la stessa definizione semantica è di fatto cambiata nel corso degli anni. Il significato di questo termine non è più lo stesso di cent’anni fa e non lo è nemmeno quello che si leggeva nei dizionari di una trentina di anni fa. Quel sostantivo che pareva un tempo forse così categorico e incorruttibile è mutato, necessita ora di un aggettivo che l’accompagni, che lo qualifichi. Impresa ardua anche questa; infatti si richiede spesso una descrizione appropriata e una contestualizzazione adeguata al termine in ragione del fatto che negli ultimi due decenni, con l’avvento della fotografia digitale prima e l’introduzione dei telefoni cellulari dotati di fotocamera poi, ciascuno abbia potuto assistere ad un’altra rivoluzione epocale. Ma in fondo la fotografia medesima aveva vissuto il ruolo di protagonista di un precedente processo rivoluzionario ovvero quello avvenuto nei confronti delle arti figurative nel corso della prima metà dell’Ottocento o quello che ha visto l’invenzione della pellicola, contenuta in un rullino nel formato 35 millimetri, agli albori del Novecento.
I mezzi tecnologici più recenti e l’utilizzo dei prodotti fotografici attraverso i media hanno moltiplicato all’ennesima potenza la produzione di immagini fotografiche. Non c’è mai stata infatti così tanta fotografia al mondo. Tutti oramai possono usufruire e creare milioni di immagini. La relativa facilità d’uso degli attuali apparecchi fotografici ha fatto sì che chiunque sia in grado di scattare una fotografia senza la necessità di conoscere le regole tecniche di base per produrla. Non solo. Sembra che oggi non sia più necessario nemmeno conoscere le regole più semplici della composizione e del linguaggio fotografico, un tempo considerati elementi fondamentali per poter fotografare.
La fotografia dunque custodisce in sé comunque e sempre qualcosa di fantastico, di suggestivo, anche quando si tratta di ritrarre la banalità delle nostre azioni, forse perché ha in sé la forza di evocare sentimenti di sorpresa, incanto, curiosità, aspettativa, passione e desiderio.
La fotografia non è allora solo un linguaggio e nemmeno soltanto una tecnologia. La fotografia è un accadimento fra persone: chi produce l’immagine, la o le persone ritratte, gli oggetti e gli eventi immortalati – che brutto termine – le persone che in seguito la condividono e infine la platea a cui è “consegnata” l’immagine per la visione.
Tutti questi attori coinvolti nel processo concorrono alla creazione del significato di una fotografia; la mancanza di uno solo di questi soggetti rende l’immagine inesistente ovvero incompleta, irrisolta.
La fotografia, di conseguenza, è relazione fra esseri umani, prodotta attraverso un media tecnico che si è evoluto ed è cambiato nel corso degli anni e che comunque continua a rappresentare oggetti, persone o eventi appartenenti al mondo reale.
Questo perché la fotografia è l’unica fra le immagini create dall’uomo in grado di rendere visibile, condivisibile e comunicabile la registrazione dello sguardo che il fotografo ha gettato sulle cose reali. La fotografia racchiude in sé il potere della condivisione con altri di ciò che un singolo ha vissuto e condiviso con se stesso, anche se non appare necessariamente così com’era stato e vissuto, anche se quindi non necessariamente rivela il suo contenuto di verità.

Dario Buttazzoni (febbraio 2024)